Archivio per Ottobre 2020 | Pagina di archivio mensile
In quell’aprirmi al
mondo c’è il tuo
viso e il taglio
che mi ha fatta
sola:
un nodo
per ricordare
al mio piede
la tua mano.
*
Un giorno la parola
– quella – non esce,
resta materia in attesa:
tappeto tirato via
da sotto i piedi
resti ferma cercando
di trovarne il suono
nella stanza.
*
Questo tuo mordere è
per acchiappare
il mondo, tentare
di portarne un pezzo
via con te.
*
Non c’è prenotazione
a questo viaggio:
si nasce
prenotati ed è
un continuo
fare e disfare
di valige, controllare
che fra le mani
le carte
siano tutte.
*
È un continuo voltarsi:
quale è la lingua
che traccia il
proseguire, la mano
che pareggia
la terra dentro
l’orma?
esserci
nell’assenza,
verticali.
*
Un fulmine, una contrazione. Pioggia come pallottole
ci tempesta da giorni, le punte degli alberi convergono
qui troppi elettroni. La tua memoria fuma, ingolfa
come nebbia ai vetri.
*
Al tavolo da ore: c’è come un vibrare di piatti all’altezza
del polso, la manica è una tenda per il sangue.
Fuori, il colore è di inverno sguinzagliato. Ritorni, tra
nuvola e suolo.
*
Il tuo respiro tagliato, annodato e ricucito: la luce ti
attraversa e tu ne bevi tutto l’ossigeno, in un sorso.
Questo tramonto ha il colore della lava che si fredda.
La terra è impastata di ombre.
*
Ti ascolto, hai il respiro pesante. Rivivi le scosse del tuo
tornare in vita. Un orecchio alla parola e uno al silenzio.
*
Giornate quando
si potesse inserire
l’alluce alla
presa: irradiarsi,
sciogliersi di luce,
riannodarsi al filamento
primo.