Archivio per la Categoria ‘Poesia’
In quell’aprirmi al
mondo c’è il tuo
viso e il taglio
che mi ha fatta
sola:
un nodo
per ricordare
al mio piede
la tua mano.
*
Un giorno la parola
– quella – non esce,
resta materia in attesa:
tappeto tirato via
da sotto i piedi
resti ferma cercando
di trovarne il suono
nella stanza.
*
Questo tuo mordere è
per acchiappare
il mondo, tentare
di portarne un pezzo
via con te.
*
Non c’è prenotazione
a questo viaggio:
si nasce
prenotati ed è
un continuo
fare e disfare
di valige, controllare
che fra le mani
le carte
siano tutte.
*
È un continuo voltarsi:
quale è la lingua
che traccia il
proseguire, la mano
che pareggia
la terra dentro
l’orma?
esserci
nell’assenza,
verticali.
*
Un fulmine, una contrazione. Pioggia come pallottole
ci tempesta da giorni, le punte degli alberi convergono
qui troppi elettroni. La tua memoria fuma, ingolfa
come nebbia ai vetri.
*
Al tavolo da ore: c’è come un vibrare di piatti all’altezza
del polso, la manica è una tenda per il sangue.
Fuori, il colore è di inverno sguinzagliato. Ritorni, tra
nuvola e suolo.
*
Il tuo respiro tagliato, annodato e ricucito: la luce ti
attraversa e tu ne bevi tutto l’ossigeno, in un sorso.
Questo tramonto ha il colore della lava che si fredda.
La terra è impastata di ombre.
*
Ti ascolto, hai il respiro pesante. Rivivi le scosse del tuo
tornare in vita. Un orecchio alla parola e uno al silenzio.
*
Giornate quando
si potesse inserire
l’alluce alla
presa: irradiarsi,
sciogliersi di luce,
riannodarsi al filamento
primo.
Quando l’occhio si oscura
non cercare il calore della
mano che la palpebra abbassa,
scappa la melodia della parola,
la voce che ti sorride coi denti rifatti.
Se la lingua è mondo, è
specchio, trovatici con la pupilla
spalancata, pescaci da quel nero
quell’inchiostro che dica la parola
verticale. Alla sua ombra crescono
domande, si fa spazio
al respiro del pensare.
Non parola orizzontale che sommerge,
ma il bianco dei margini, la pausa che
copre l’assenza tra te e me.
da Cappuccio Rosso:
…ed entra la foresta,
e il buio e poi
2 zanne-falci:
un respiro e
ti ha digerita
il tempo, ti ha
ritornato al
tondo della
pancia.
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Acqua smossa
Volto la testa da te
verso un altro mare,
lascio tracce di parole
scie dei nostri ricordi:
il cappotto mi tiene la forma
sennò sarei neve al sole.
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questa nostra
che sia un’unione
di forbici: taglia
i capelli, gli orli,
Tra noi la voce non
conduce e arriva, come
phon dentro l’acqua,
ma si ferma come
d’interruttore,
acceso o spento
a casaccio.
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So le ossa come numeri
primi, dritte senza il riparo
di radici, le so nell’acqua,
le so pali a indicare le
distanze, ABC, cannucce
di linfa, esperanto,
le so fosforescenti oltre la pelle,
le so che non muoiono, che non si rompono
davvero, ma sillabe, le so che me le
sento da sempre, da subito, sputarmi
le parole dentro i nervi. || Read more
Sono diventata altra
Bevendomi l’oceano in un sorso,
per 8 ore di volo,
cambiandomi gli occhiali e l’orologio.
Ho scritto di me in altra lingua
e sognato doppiata
pesato in modo diverso, altre molecole
e la distanza non è mai la stessa
anche se conti. || Read more
Morgue
Morto di fuoco
la sua pelle tira
è un rosa che si spegne
è carta morta,
solo il cartello non arde
con lo spago:
si specchia enorme nella mia pupilla. || Read more
Voglio far parte d’altro non di me,
dimenticare gli angoli, le forme
staccarmi le mani
un colpo secco.
Un percorso nuovo, sa di foglie marce
mi vuole divorare, digerire:
sondo col piede e affondo,
abbandono anche i denti, cascano intorno come semi
e i capelli pesanti e lanosi.
Non sono segni per trovarmi:
se li mangia la terra.
Persa nel verde, diventata un tronco. || Read more